martedì 30 marzo 2010

eros e thanatos

fa caldo, fa un caldo da matti, con i vestiti che ti si appiccicano addosso, manco fosse agosto. e invece è metà maggio, neanche. fino a meno di un mese fa era ancora inverno e adesso non si può stare più.
pasquale malavia non troppo se ne importa, che tanto questo è più un problema dei cittadini, che vivono giù, vicino ai fiumi. casa sua sta più in alto, sul piano, dove l'afa non c'arriva. e poi questo fatto del caldo improvviso gli sta facendo fare pure begli affari. pasquale fa il finanziere ma sottobanco, insieme alla mogliera, si fa pure un poco di contrabbando, carne, olio, un poco di sigarette, medicine quando serve, insomma, quello che si trova.

quel giorno sullo spiazzo davanti a casa sua si affaccia un calesse e da sopra scende niente meno che don salvatore viceré in persona. e questa è una cosa strana, pensa subito pasquale. di questi giorni qui vedere salvatore viceré che se ne va in giro, invece di stare a casa, è talmente insolito, che lui e quei quattro amici e clienti, diciamo così, che stanno giocando a bocce sotto al pergolato, si fermano tutti, zitti zitti, immobili come statue.

salvatore viceré è uno all'antica che ancora porta l'oro all'orecchio, come i fattori dell'ottocento, e preferisce girare con la giumenta piuttosto che salire su quegli scopparielli moderni. è zoppo al piede destro per via del pizzico di un gallo andato in cancrena. l'alluce alla fine se n'è caduto quasi da solo. ringrazia dio che non ti è marcita tutta la gamba, gli disse allora il dottore, bravo quel dottore, ad avercene così, si chiamava don giuseppe, quello che poi diventò un signor scienziato, apparteneva ai moscati. e comunque salvatore ringraziò davvero, e di cuore, perché per via di questa piccola menomazione si sparagnò la chiamata alle armi per la grande guerra.
salvatore e la moglie, angiolella, sono tutti e due molto religiosi, quasi dei bizzochi, e sono molto ben considerati da tutta la loro contrada e pure da quelle vicino. capita che, se si deve risolvere una questione delicata, allora chiedono a salvatore di fare da arbitro, perché lui è uomo di conseguenza, che sa tenere calme le cose e non se la piglia se qualcuno gli risponde male nella concitazione del momento.

tutti i cafoni dal campo di bocce fanno un cenno di riverenza con le coppole e le pagliette e pure i cittadini, che per la maggior parte non sanno chi sia questo ospite di riguardo, calano un pizzico la fronte, senza sapere neanche loro perché.
pasquale malavia, la faccia impenetrabile come sempre, si rende conto quasi subito che il nuovo arrivato non è sicuramente venuto per farsi un bicchiere di vino e una chiacchiera a bocce. salvatore viceré non è il tipo. è rimasto vicino al calesse e si accarezza la bella cavalla che lo traina, controlla che briglie e morso siano in ordine, insomma fa di tutto per rimanere in disparte. così, come gli altri compari tornano a giocare, pasquale, con mosse stanche e lente, si tira su dalla sedia e lo raggiunge.

pasquale malavia è uno sempre allegro, piccolo di statura, smilzo e dai capelli portati corti corti. per i pidocchi, dice lui, hai voglia a spiegargli che tanto con tutto il DDT che si butta addosso, ma di quello buono, americano, comprato sul mercato nero pure quello, non c'è pericolo di pidocchi e nemmeno di piattole. lui si trova meglio così e quindi così continua a fare. durante gli anni bui, lui che ha 8 figli sulle spalle, si è dovuto ingegnare parecchio per non fargli mancare il necessario. è stato allora che si è comprato la raccomandazione dal prefetto, per avere quel posto di finanziere. per tutta la guerra, questa volta la seconda, e anche un po' oltre, è andato a napoli ogni mattina per servizio. e questa cosa gli è andata giusta giusta, così ha potuto fare il contrabbando senza che nessuno sospettasse niente. d'altra parte, chi se ne sarebbe dovuto accorgere, visto che i controlli li faceva lui? pure pasquale malavia è uomo di conseguenza, però di tutt'altra pasta rispetto a salvatore viceré. lui le cose che si dicono sul suo conto se le ricorda sempre e qualche volte se le segna pure.

salvato’, buongiorno., buongiorno a voi, pasqua’., in famiglia tutto bene?, 'ngraziando a dio. e a voi?, uuuuuuh e questo la vuole pigliare proprio votando, pensa pasquale, di chiedere quello che gli serve, niente. pasquale non è fesso, se salvatore viceré viene da lui è probabile che gli serve qualche cosa che solo qui si può procurare. salvatore di solito non è uomo che si abbassa a questo genere di scambi, preferisce che a casa tirano un po' la cinghia, piuttosto che comprare di contrabbando. pasquale non troppo la capisce sta cosa, anche perché, se tutti la pensassero così, statti buono agli affari ma in fondo a uno come salvatore il rispetto è dovuto. resta il fatto che se sta lì, deve essere cosa seria.

e infatti salvatore è lì per avere un pezzo di ghiaccio, che pure se ancora non è arrivata la stagione, già fa così caldo che non se ne trova più in giro. il fatto è che a sua moglie angiolella, in questi giorni l’ha pigliata di nuovo il panteco. povera femmina, da quando ha dodici anni che tutti gli anni, almeno una volta, le vengono le mosse pilettiche e si comincia a sbattere e dimenare dove sta sta. le dura per una settimana precisa, in cui nessuno le può andare vicino, se no è capace che ti mozzica e ti stacca un dito o un orecchio, senza neanche accorgersene. dopo trenta anni di matrimonio, salvatore è riuscito ad ammansirla e sarà una decina d’anni che quando alla moglie gli piglia così, lui è l’unico che le può dare assistenza. è così che si è accorto delle parole.
angiolella c’ha il dono e, fino a che salvatore non era potuto stare vicino a lei, nessuno se ne era mai addonato. quando le pigliano le crisi, mentre si dimena come se c’avesse un serpente che la abballa in pancia, il suo corpo le fa fare le cose più sconce che salvatore abbia mai visto ma, nel frattempo, angela parla e dice cose sante, racconta dei morti, o meglio, i morti raccontano le loro cose tramite lei. è come se, quando le piglia, angela diventasse una sorta di finestra tra il mondo dei vivi e quello dei morti e allora per una settimana all’anno, fino a che la finestra sta aperta, da quell’altra parte, tutti i morti si accalcano a parlare, tutti insieme, per far arrivare i propri messaggi ai parenti. salvatore, che è sempre stato uomo faticatore, timorato del signore e coi piedi ben piantati per terra, non si è riuscito a fare capace di questa cosa fino a quando, tra le varie farneticazioni che la moglie cacciava, una volta si è trovato a sentire un messaggio del padre, don antonio, buonanima, che gli diceva sotto a quale cerza aveva atterrato la pignata coi piccioli, prima di morire, quando lui era ancora criaturo. salvatore, per scrupolo, ci è andato veramente a scavare sotto a quella cerza e i soldi del padre li ha trovati proprio dove gli aveva detto la mogliera. signore iddio un tesoretto, veramente, con cui poi aveva costruito buona parte delle sue fortune!
e da allora, cioè da quando si è convinto della cosa, salvatore ha cominciato a segnarsi le parole che i morti vogliono lasciare e poi, a settimana finita, se ne va casa casa per consegnare i messaggi. è anche per questo che salvatore e angiolella sono portati in palmo di mano da tutti.
la settimana del panteco, dello spavento, così la chiamano in famiglia, di solito capita sempre a mezza primavera. può sgarrare massimo di un paio di settimane prima o dopo ma, immancabilmente, tra aprile e maggio deve succedere. allora angiolella si dimena ininterrottamente giorno e notte e ininterrottamente parla. è praticamente impossibile per salvatore starle dietro tutto il tempo e la maggior parte dei messaggi infatti va perduta, perché lui o non fa in tempo a scrivere, visto che deve pure occuparsi della moglie nel frattempo, oppure va a fare i propri bisogni oppure, ogni tanto, un’oretta di sonno pure lui se la deve fare.
questa primavera la crisi è arrivata puntuale, è il caldo ad aver fatto prima del dovuto e angela, con tutto quel muoversi e col fatto che per una settimana intera non beve, non mangia e non dorme, sta molto più affaticata del solito. la povera donna comincia pure ad averci un'età, ormai sono quasi cinquanta. insomma salvatore a sto giro sta preoccupato assai e allora ha pensato fosse meglio trovare del ghiaccio per aiutare angela, per rinfrescarla un poco.

quando alla fine salvatore viceré si decide a chiedere quello per cui è venuto, pasquale, senza aggiungere altro, corre a prendere un bel pezzo nella ghiacciaia, cioè in quel fosso dietro al capannone del tabacco, dove tiene ficcato il sacco di iuta pieno di paglia col ghiaccio dentro, così rimane bello isolato e non si squaglia.
pasqua’, grazie tante. quanto vi devo per... il disturbo?, salvato’, niente, a buon rendere. e se per caso vi capita che angiola vostra vi dice qualche cosa da parte di mio padre, buonanima, fatemi il piacere, non ve la segnate e non me la venite a dire. così stiamo pari. tanto sarebbero tutte iastemme contro a me.
i due si guardano per poco più di un attimo e poi sulla faccia di entrambi si taglia un sorriso.
pasqua', che vi posso dire? siete un brav’uomo., non ci pensate, salvato’. e la settimana prossima, di sabato a sera, quando la vostra signora si sarà rimessa, mi farete cosa gradita se vorrete venire qui da me, che facciamo una serata danzante. e portate pure i vostri figli., non mancherò. salutammo., salutammo.

e a quella festa si innamorarono i miei nonni.

martedì 16 marzo 2010

lucidità

nei momenti complicati o intensi, in quelli dove si vive un po' più del solito, dicono sia un vantaggio per me il fatto di possedere lucidità.

i medici che operano, i soldati che sparano, i tribunali che giudicano, chissà per quante altre categorie umane valga questo assunto. il punto è che esistono persone per le quali è possibile sempre capire quale sia la cosa giusta o la più conveniente.

lucido però è quell'oggetto o superficie che riflette la luce, cioè che non si fa attraversare da essa. dunque, se le parole hanno un senso, sarebbe come dire che questa capacità di governare la realtà porti con sé, come controindicazione, una certa dose di distacco.

a questo punto, magari non sempre ma quando ne vale la pena, preferirei non essere lucido, andare un po' a cazzo e sperare che venga bene.

certo, dall'alto di una torre le foto vengono sicuramente più nitide ma non è detto che la cosa interessi poi tanto.

domenica 14 marzo 2010

giochi di società

quando vado ad un convegno, una presentazione o un vernissage, quando assisto ad una performance, un seminario o una lettura, subito mi sento come uno che fa finta di essere grande ma che invece grande non è. che l'argomento sia politico o culturale, che il libro o il quadro di turno siano ben fatti oppure del tutto velleitari, che i fiori sul tavolo dei relatori e gli stuzzichini al banco aperitivi siano freschi oppure di plastica, tutto ciò non influisce granché sullo straniamento che mi prende.


a dirla tutta, questa cosa qui mi fa un po' ridere.
non so se tale circostanza sia colpa della società, questa cattivona che pare ce l'abbia sempre con me e tutti i miei simili, oppure sia da imputarsi ai politici, noti cleptomani metereologici, capri buoni per tutte le stagioni, o magari dipenda dal passaggio del sole in saturno, ammesso che questo voglia dire qualcosa, fatto sta che, pur frequentando certi spazi e reputandoli utili a loro modo, per lo meno nel differenziare cosa sia ufficiale da cosa no, non mi riesce proprio di sentirmi coinvolto.


ho pensato per un pezzo di essere ancora troppo piccolo per certe cose, diciamo troppo fuori quota, illegittimo, disadattato al punto di non capirne la vitale necessità.
ora che il più delle volte a questi rituali mi sottopongo spontaneamente, che la maggioranza dei partecipanti è più o meno mia coetanea, e si vedono anche un discreto numero di più giovani, mi domando come mai continui a trovare così poco interessanti i giochi da grandi.

l'unica spiegazione plausibile è che, indipendentemente dall'età anagrafica, si possa trattare di una qualche particolare conformazione del cervello, di cui con tutta evidenza devo essere privo.

chissà che non la si possa documentare fotograficamente.

martedì 9 marzo 2010

sans débit


ai tempi del rullino, quando portavo questo piccolo cilindro magico a stampare, il più delle volte non è che avessi l'esatta cognizione di quanto fatto e poteva capitare che le cose non fossero andate proprio come volevo.

ecco, ho scoperto che in francia, invece, dopo averti stampato più o meno tutte le foto, facevano una selezione, dove quelle mosse, sfocate, con inquadrature tagliate, insomma tutte quelle che, ad insindacabile giudizio dello studio che le stampava, non erano come avrebbero dovuto, non te le facevano pagare. sì, ci attaccavano sopra un piccolo adesivo, come quello nella foto, e te le scalavano dal prezzo.
praticamente l'errore era gratis e, a pensarci bene, in questo modo anche la sperimentazione.

questa cosa mi piace così tanto che ho deciso di usarla, per un po', qui dove anche io, più o meno senza costo, posso errare (fate un po' voi se più nel senso di sbagliare o di vagare).

lunedì 1 marzo 2010

passano i bastimenti

dopo essermi rotto le ossa per tutta la notte su un treno fetente fino a ventimiglia, scopro che i francesi scioperano a tempo indeterminato e che quindi il mio biglietto con destinazione aix-en-provence, dal confine in poi, non vale più un cazzo. succede in un momento imprecisato tra le cinque e le sei del mattino, il mio cervello prenderà servizio non prima di tre ore da adesso, quindi al momento sono a corto di idee. si deve vedere parecchio, visto che più o meno tutti gli altri passeggeri della carrozza in cui sono sistemato si sforzano di darmi qualche consiglio. ti conviene tornare indietro, grazie ci penserò, ma lo sai che san remo in questa stagione è davvero bella, grazie lo terrò presente, ma lo sai che se riesci ad arrivare fino a menton, poi c'è un pullman privato che forse funziona, grazie buono a sapersi. non riesco nemmeno ad essere preoccupato, quindi faccio l'unica cosa che uno bloccato a ventimiglia, più o meno a metà strada tra il luogo di partenza e quello di arrivo, possa fare tra le cinque e le sei di un mattino di metà dicembre.
cerco un bar.
barista un caffè, che poi chi lo sa se a ventimiglia lo si può ancora chiamare caffè o già è diventato ciofeca. ecco il caffè al signore, grazie. zucchero, giro, sorseggio. buono sto caffè, barista ti sei guadagnato un cliente, veramente io preferirei una mancia. il barista c'ha ragione ma io la mancia non glie la lascio lo stesso.
neanche faccio a tempo ad uscire dal bar che incontro un tipo, un canadese fuori di testa, che mi si rivolge con spiccato accento dei parioli. le sei ore successive sono così assurde che credo di averle sognate. jean francois, così si chiama il matto, dice di fare per professione il rappresentante di una fabbrica d'armi, dice pure che è famoso, in italia, è stato pure da mauriziocostanzoshow, ci è stato perché ha tentato di rapire i due figli alla ex-moglie italiana che non voleva più farglieli vedere (e chissà come mai!?). in effetti è credibile questo fatto che, se fai qualcosa di sbagliato, da noi vai in tv, mica in galera, ma secondo me, questo è solo un cazzaro, magari un tantino al di sopra della media. vai a sapere il motivo, mi lascio convincere a seguirlo, forse perché non so come dirgli di no, forse il fatto è che, con quegli occhi spiritati e la parlantina a scatti, mi fa veramente paura sto tipo. comunque sia, rimango coinvolto in una serie incredibile di autostop a catena, nel tentativo di utilizzare una macchina della polizia di montecarlo come taxi abusivo e l'ultimo pezzo del viaggio fatto estorcendo un passaggio a pagamento a un furgone, che non glie ne fregherebbe un cazzo di arrivare fino a nizza per noi. ma jean francois non è tipo che accetta un no come risposta e quello alla fine si fa convincere.
sul lungomare di nizza, mentre ormai temo che non riuscirò mai più a scollarmi lo psicopatico dalla giubba rossa (si fa per dire), quello trova un tipo disposto a portarlo in moto fino a marsiglia, dove lo attende un aereo che, non ho capito bene perché, deve prendere assolutamente, questione di vita o di morte, dice lui. mentre lo vedo sparire sulla motoretta, mi viene da pensare che forse così cazzaro poi non doveva essere e a ripensarci un certo brivido mi corre dietro la schiena.
una volta solo, mi guardo intorno e mi viene da pensare che ora sì che sono davvero fottuto. è praticamente impossibile per uno come me, che ha 19 anni e mezzo, in tasca solo settantamila lire e un biglietto del treno, valido esclusivamente da ventimiglia a scendere, che per di più non parla una cazzo di parola in francese, anzi una sì, merci, ma la pronuncia male, per uno così, dicevo, è impossibile arrivare fino a destinazione, a quasi 200 km da dove sono adesso. quasi quasi mi viene da piangere.
mi sistemo su una panchina per riflettere e un barbone si mette a fissarmi, devo fare pena anche a lui, penso, con la faccia appesa che mi ritrovo o forse è preoccupato che stanotte gli rubi il giaciglio. a un certo punto mi dice pure qualcosa che, a giudicare dal tono, non deve essere molto cortese. io non so come rispondere, quindi gli dico, merci, e me ne vado.
a spasso per un altro po'. però questa cacchio di nizza è bellina, c'ha una passeggiata sul mare veramente niente male. sarà per il sole di dicembre, che uno non se lo aspetta, sarà per il fatto che alle panchine ho capito che è meglio se non mi ci avvicino, ma mi viene in mente che il posto migliore dove riposare un po' e magari vedere se il cervello si rimette a funzionare, forse è proprio la spiaggia.
infatti col culo sulla sabbia tutto sembra più semplice. sono a piedi nudi, vestito con un discretissimo maglione arancione a spine di pesce blu e verdi, è un regalo di mamma per natale scorso, brutto in culo ma caldissimo e, siccome stavo andando in francia, quindi al nord, ho pensato che era meglio vestirsi pesanti, adesso sono in spiaggia coi francesi che mi guardano e pensano, però quel barbone che bel maglione arancione che c'ha, adesso sono qui e pure se non so che fare, già mi sento un pochino meglio.
è più o meno allora che mi accorgo di quante navi stiano passando davanti a me. partono, arrivano, chi lo sa che fanno o dove vanno e chi lo sa perché. a guardarle mi passa del tutto la preoccupazione, anzi, quasi quasi mi sento felice. guarda che bello il mare anche fuori stagione e guarda queste navi che, pure se sono lente a comparire e poi a sparire, mi sembra che coi loro tempi lunghi e i loro modi pacati ci hanno capito tutto della vita.
credo che il sonno mi sia arrivato proprio mentre pensavo quella cosa lì delle navi. una delle migliori dormite della mia vita.