giovedì 28 maggio 2009

malìa

nei pressi di ieranto si dice che odisseo incontrò le sirene. si fece legare all'albero maestro della propria nera nave per ascoltarne il canto maledetto, senza rischiare di gettarsi a mare per raggiungerle.

beh, io qualche giro lì intorno l'ho fatto, attento ad ogni suono, pronto ad ogni follia. sono stato di vedetta, ho perlustrato i lidi e i mari ma, a parte un certo numero di meduse e qualche sfondo desktop, nessuna creatura sembra mi abbia incantato con la voce in un raggio di almeno 50 km.

destino beffardo del miscredente, credo.

venerdì 22 maggio 2009

co/incidenze


in matematica il termine coincidenza è utilizzato quando due espressioni mostrano una somiglianza che non è spiegata da teoremi.

oggi è 22 maggio e, per motivi che non so dire, in un vicolo di sant'agata dei goti, da solo, in cerca di luce, l'angolo di incidenza del sole su un muro mi ha fatto alzare lo sguardo, proprio in un determinato posto, in uno specifico momento. e le mie turbolenze interne si sono sovrapposte con precisione all'immagine esterna. allora ho solo scattato. adesso è con una certa sorpresa che noto la coincidenza. e non ci provo neanche a spiegarla con teoremi.

martedì 19 maggio 2009

il centesimo post...

sarà un traguardo? qualcosa da festeggiare? non ne sono sicuro, non credo.
però, vuoi mettere il fascino del numero tondo...

comunque, siccome sono indietro con la rubrica mensile di libri, mi sa che questo centesimo post, invece di essere "sterilmente" autocelebrativo, lo sarà "stupidamente", concentrandosi sulle mie letture dell'ultimo mese.

nell'ordine:
- wislawa szymborska, attimo, scheiwiller 2009 (ma conta mezzo... tanto sono solo poesie, giusto? o no?);
- olen steinhauer, il turista, giano 2009;
- stieg larsson, uomini che odiano le donne, marsilio 2007 (sì, alla fine ci sono arrivato anche io al bestseller, mi è piaciuto e ci ritorno pure, tié!);
- francesco romano (a cura di), la politica di manfredi di svevia nella crisi italiana del duecento, secolo nuovo 1957 (no, nessun errore di battitura, proprio 1957);
- francesco romano (a cura di), almanacco del sannio. 1956, secolo nuovo 1956;
- alfredo zazo, il castello di benevento (1321-1860), generoso procaccini 2000 (questa è una riedizione, che il buon zazo è morto da un bel pezzo!)
- michele bianco - antonio de simone palatucci, giovanni palatucci. un olocausto nella shoàh, dragonetti 2003 (non mi chiedete perché possiedo e ho letto questo libro. che posso dire? succede).

intanto, non è che mi vada proprio di parlare di tutti quanti, sarebbe palloso soprattutto per me, che li ho anche letti. diciamo solo che i due bei testi di ciccio romano e quello di zazo sono finiti tra le mie letture perché, ogni tanto, mi prende il prurito di saperne di più della mia città, molto di più. ne so di più adesso? boh... forse sì. di sicuro sull'almanacco ho beccato una foto dei lavoratori del deposito della ferrovia, scattata nel 1955 per la festa di pensionamento di tre capo-meccanici. la cosa fichissima di questa foto è che, tra gli altri, ho riconosciuto mio nonno luciano!

la biografia di palatucci, per quanto il personaggio sia interessante e curiosamente vicino (era di montella e ha frequentato il liceo classico a benevento) è stato un errore di percorso. solo un bel pezzo oltre la metà mi sono infatti reso conto che c'era qualcosa che non andava e leggendo la prefazione, che come mio solito avevo saltato a piè pari, ho trovato quanto segue: "il presente volume vuole offrire un prezioso contributo alla causa di canonizzazione, aperta dal tribunale del vicario di roma il 9 ottobre 2002"... o' friddo 'n cuollo. mi era sembrato un lavoro un pochino troppo incensante ma non avevo capito fino a che punto.

di uomini che odiano le donne cosa si può dire? sulla copertina c'è scritto "un caso editoriale. un libro che vi terrà svegli fino all'alba". cazzo posso confermare che è vero. in effetti però, essendo io insonne, questo effetto me lo fa persino il libro delle ricette di nonna papera. battute a parte, sti cavolo di bestsellers, un po' facili, un po' privi di contenuti subliminali, un po' scritti troppo bene, vanno giù che è un piacere. e poi c'è lisbeth salander, la protagonista femminile, una sorta di tank girl alla svedese, sembra saltata fuori direttamente dal fumetto di alan martin ed è una di cui non puoi assolutamente non innamorarti, fuori da ogni logica. mettici un po' di morti, un mistero sedimentato nell'arco di quarant'anni, qualche tocco di atrocità senza fine e un pizzico di atmosfere nordiche... leggerò anche gli altri due di sicuro.

il turista me lo hanno regalato, non so se altrimenti lo avrei comprato. è un bestseller pure questo ma stavolta è roba di spie. anche lui le sue 430 pagine se le porta benissimo, però, sarà per il fatto che si parla di cia, sarà che ho letto in qualche recensione che george no party clooney ci farà un film... ecco, io l'ho letto pensando tutto il tempo, questo è un film che vorrei vedere, sto leggendo una buona scenaggiatura. una buona sceneggiatura, non proprio un buon libro.

infine della szymborska mi sa che non scriverò niente. sono poesie. già in molti mi dicono, più o meno, che scrivo complicato su questo blog, se mi metto pure a fare dissertazioni sulle poesie di un premio nobel per la letteratura... posso dire dire addio anche ai miei cinque lettori occasionali! ma leggetela, davvero, leggetela. è una donna sorprendente.

domenica 17 maggio 2009

un peso sulla spalla

ci vado? non ci vado? sì, mi va di andarci. quindi ci vado.

il posto non lo conosco. è uno di quei paesi dove sarò passato centinaia di volte, senza essermici fermato mai veramente. guardo le case e lo spazio tra di loro davvero come se fosse la prima volta. la forma dei vicoli, delle piazze, la dimensione dei palazzi, le loro cadenti decorazioni in stucco mi danno la sensazione di un luogo che porta il peso di una certa importanza, ormai passata. è un po' come sarebbe trovarsi nella dimora di qualche vecchio nobile decaduto. l'aria sa di polvere.

lasciata l'auto m'incammino lungo una strada dritta e in salita. non ho fatto neanche dieci passi che incontro il primo bar. mi ci fiondo subito dentro. un martini, con ghiaccio o senza, senza grazie. la signora del bar sembra la mia vicina di casa di quando ero piccolo. se non fossimo nel bel mezzo del cemento di un paese, giurerei che dietro il bar c'ha un orticello che ha lasciato di zappettare apposta per venire a servire me. e nemmeno troppo volentieri. non devo stargli troppo simpatico con il mio orecchino, la macchina fotografica alla spalla, l'aria smagrita di uno di città attento, nel suo piccolo, a come si presenta. cazzo, a vedermi con i suoi occhi, così fuori contesto in questo bar, non sto simpatico neanche a me. quasi mi scuso quando mi faccio servire un secondo martini. poi, quando le chiedo come si arriva nel posto in cui sono diretto, lei si rilassa e dopo un po' mi sorride pure. butto giù, ringrazio, pago, due euri e quaranta per due martini, e me ne vado verso dove mi ha detto lei. lungo il tragitto incontro altri quattro baretti e tutti hanno l'aspetto di essere indecenti come il primo. non voglio arrivare sobrio, dove sto andando, ma mica posso fare tappa da tutti, quindi alterno, uno sì e uno no. quando arrivo al concerto, un po' barcollo, un po' sono rilassato. la serata si svolge all'interno di un bel chiostro, che proprio chiostro non è. si tratta più della corte interna di un palazzo vecchio almeno di qualche secolo, con tanto di porticato tutto intorno e un bel pozzo nel mezzo. ma se qui lo chiamano chiostro, chi sono io per dire altrimenti. il paese è del paesano, si sa.

le facciate interne, che abbracciano il palco dove intanto la musica è già cominciata, una volta erano ricoperte di stucchi. niente di trascendentale, doveva trattarsi di un motivo a conrici e losanghe. ora non c'è più e la muratura rimane vividamente a vista. questo effetto diruto mi piace. penso si tratti più di un repentino prosciugamento dei fondi per la ristrutturazione che di una consapevole scelta del progettista ma poco importa. tanto per me va bene così.

sono venuto qui per assistere ad un concerto e fare qualche foto. veramente sarebbe un po' più complicato di così. ecco, sono venuto per scattare foto mentre ascolto il concerto, in pratica per lasciare che le melodie ed i ritmi che sento e le luci ed i corpi che vedo si trasformino in qualche modo in immagini. la mia versione delle cose, anche se di solito la capisco solo dopo, quando rivedo quello che ne è uscito. stasera vorrei fare tutto questo. vorrei. ma a metà del concerto sono ancora fermo a due o tre scatti preliminari. il fatto è che le musiche, la cantante, una ragazza sottile e carina, a cui i capelli corti e le movenze un po' a scatti mascherano una voce complessa, che non ti aspetti, le composizioni che mi si formano in testa, osservando e sentendo, non sono proprio fatte per essere riprese, non da dove mi trovo, non con questa distanza. mi dovrei avvicinare, dovrei salire sul palco e girare tra i musicisti, seguire i loro sguardi, quando si agganciano per darsi il tempo, fissare le tammorre, i fiati, cercare i chiaroscuri. troppo difficile.

mi viene sete. lascio il chiostro nella convinzione che con qualche altro martini potrei trovare il modo di superare le distanze. d'accordo sono qui per il concerto e me ne vado sul più bello ma solo per poco. la mia incoerenza mi ha abituato a cose peggiori. torno all'ultimo bar, due martini, scusate ma voi siete solo, sì è per fare prima, tanto sempre due ne prendo, due euri e cinquanta, azz costate dieci centesimi in più della signora in fondo alla strada, giuvino' e allora vi faccio dieci centesimi di sconto, signo' grazie... io vi lascio dieci centesimi di mancia.

torno al chiostro ma mi sento solo un po' più brillo di prima. mi sa che mi arrendo. rimetto la macchina in spalla, sorta di peso inutile questa sera, e mi godo le ultime canzoni. sui bis mi diverto anche a guardare il pubblico, che intanto si è alzato e assiste ciondolante a passo di danza. prima ho visto qualcuno cantare, un po' ho cantato anche io. non vado pazzo per i riti collettivi ma ne comprendo la potenza. quando finisce, ci sono applausi e sorrisi e tutto sembra molto rilassato. piacevole. a questo punto è quasi ora di andare via anche per me ma prima sto pensando a una cosa, una cosa che non ne vuole sapere di lasciarmi in pace. devo proprio cercare di farla.

il gruppo è rimasto accanto al palco, un po' di amici, qualche saluto complimentoso, due chiacchiere. ci metto un po' per intrufolarmi, per trovare il momento giusto. vorrei proprio andare a salutare la ragazza che fino a poco fa mi stava incantando con la voce e, naturalmente, capito nel momento sbagliato. tra mille interruzioni e la mia situazione alcolica, credo di riuscire solo a farfugliare qualcosa sulla musica, sugli arrangiamenti, sul chiostro non chiostro. ma poi che glie ne fregherà mai a lei delle mie cavolate. basta. saluto e me ne vado.

il ritorno è tutto in discesa, fino alla macchina. nessuna tappa ai bar, se no a casa non ci torno stasera. parto a finestrini aperti, pronto a godermi la brezza, contemporaneamente morbida e gelida, di questa primavera e invece rimango subito imbottigliato nel traffico... ci sono momenti in cui le piccole cose si fanno pesanti. per ammazzare il tempo metto su un po' di musica. jazz ma di quello liscio liscio, un po' sa anche di nostlgia. quando, mezz'ora dopo, riesco a venire fuori dal paesotto e mi incammino sulla statale sono quasi sobrio e già mi inghiotte le nebbia delle solite cose.

alla fine non ho fatto nemmeno una foto degna di questo nome e nella confusione non ricordo di aver detto alla bella cantante quanto mi sia piaciuto starmene lì ad ascoltarla questa sera.

(non avendo prodotto nulla di osservabile, la foto è di un altro concerto, in un altro tempo.)

mercoledì 13 maggio 2009

interruzione programmata

questa mattina il corpo si è svegliato presto. il cuore ha aumentato la frequenza già all'alba e tutti i pensieri sono divenuti limpidi prima che aprissi gli occhi.
un discreto formicolio alle mani ed ai piedi mi ha avvertito della loro esistenza anche oggi. quando ho deciso di affacciarmi alla stanza, di sbirciare fuori dalle palpebre, ho visto una luce giallo pesca filtrare fresca ed invitante dagli scuri. intanto rumori di bambini che vanno a scuola, un cantiere che martella tavole di legno in lontananza ed il brusio dei motori appena distinto.
era così anche quando mi svegliavo da piccolo, lo ricordo. da insonne non posso certo essere considerato un esperto nel campo ma credo sia questo che si intende con "dormire come un bambino". sensazione del tutto insperata e anche un pochino fuori luogo.
ricordo persino cosa ho sognato ma preferisco tenerlo per me.

giovedì 7 maggio 2009

contributo alla statistica

la statistica è una materia interessante ma impersonale e spersonalizzante. la sua rigida probabilità restituisce immagini di uomini come fossero ombre sul fondo di una piazza.

ci vuole molta attenzione ai particolari per trovare un senso poetico attraverso i righi o i quadretti di un foglio.


"su cento persone:

che ne sanno sempre più degli altri
- cinquatadue;

insicuri a ogni passo
- quasi tutti gli altri;

pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
- ben quarantanove;

buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
- quattro, be', forse cinque;

propensi ad ammirare senza invidia
- diciotto;

viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
- settantasette;

dotati per la felicità
- al massimo poco più di venti;

innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
- di sicuro più della metà;

crudeli,
se costretti dalle circostanze
- è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;

quelli con il senno di poi
- non molti di più
di quelli con il senno di prima;

che dalla vita prendono solo cose
- trenta,
anche se vorrei sbagliarmi;

ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
- ottantatré
prima o poi;

degni di compassione
- novantanove;

mortali
- cento su cento.
numero finora invariato."


-wyslava szymborska-