mercoledì 9 marzo 2011

ascoltare musica con gli occhi


all'università, in una di quelle belle case dove solo agli studenti capita di andare ad abitare (o che solo agli studenti sembrano così belle, mah?), c'era questa musica che continuava a uscire dalla finestra del palazzo di fronte. roba classica, suonata per ore. veniva da una stanza arredata in stile moderno e un po' minimal, in cui spiccava una scala in muratura bianchissima dai gradini in legno di faggio e senza ringhiera, che probabilmente saliva verso un soppalco. l'edificio era uno di quei palazzoni di fine settecento con le cornici a stucco in stile neoclassico, quindi l'interno non ci azzeccava niente ma a me dava una bella sensazione.


a starsene lì, a studiare sul tavolo in veranda, si finiva facilmente per sbirciare dentro quella finestra così a portata di sguardo. dopo un po' mi sono abituato ai movimenti anonimi di quella stanza e ho cominciato a capire delle cose. la musica, ad esempio, non usciva mica tutti i giorni e a tutte le ore. la mattina quando le persiane erano accostate e il caldo estivo entrava meno, non capitava mai di sentirla, mentre, non ti sbagliavi, durante la settimana, al tramonto, il concerto ti accompagnava flebile almeno per un paio d'ore.


ci ho messo qualche mese per capire chi ci abitasse, chi si esercitasse tutti quei giorni, chi davanti a quella finestra facesse persino ginnastica, chi vi lasciasse in giro vestiti che davano l'idea di essere stati abbandonati lungo la difficile strada per il letto dei rientri alcoolici notturni. 


alla fine l'ho capito ma non mi sono presentato mai e mai ci ho parlato. ho sempre pensato mi interessasse maggiormente l'immagine che avevo costruito, piuttosto che la sua versione reale.

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