leggere, mangiare, fare l'amore e ci aggiungerei anche fotografare.
così sarebbe la mia lista della spesa, se avessi una vita perfetta. non sto qui a fare precisazioni superflue su quale sarebbe l'ordine in cui metterei tali elementi, né mi attarderei nella definizione della loro consistenza all'interno della mia vita reale. non è questo che conta. il punto è che si tratta di qualcosa di sensuale e la sua esperienza, la sua memoria, la sua conoscenza, la sua corrispondenza formano per me una intrecciata fune, impossibile da sciogliere, resistente e poderosa.
una delle cose che mi piace di più è proprio quando capita di perdere il filo, quando non sai bene se stai leggendo di cibo o divorando un libro, quando mangi con gli occhi le morbidezze di una bella ragazza e ti rimane in mente un sapore di vaniglia, quando scattare con la macchina fotografica è un po' come farci l'amore.
alcune di queste cose le ho trovate in estasi culinarie, il primo libro di muriel barbery. è la storia degli ultimi momenti del più grande critico gastronomico di francia che, prima di morire, è alla disperata ricerca del sapore della sua vita. riflessioni ed analisi interiori di un uomo deprecabile.
le descrizioni dei cibi e delle pietanze sono a volte troppo pompose e definitive ma il ricordo dei sapori legati al passato, una visione dissacrante del protagonista e di tutti i suoi supposti punti di riferimento affettivi, che in fondo lui disprezza e dai quali è egualmente ricambiato, la rappresentazione di un'umanità così minuta e difettosa, tutto questo mi ha saziato come avrebbe fatto un piatto di qualcosa di un po' rozzo ma genuino. mi sono divertito, e tutto, tranne forse il finale, è stato insolitamente appetitoso.
una delle cose più scontate nel leggere un libro è quello strano stato di sovrapposizione che si instaura tra il lettore ed il protagonista o uno dei personaggi principali. si finisce per fare il tifo, per augurarsi il bene o il male dei pupazzi di cui si stanno seguendo le sorti. è una delle magie della lettura. con estasi culinarie non succede e però proprio in questo risiede uno dei sui maggiori spunti di originalità.
e poi neanche per un momento sono riuscito ad immaginare che monsieur arthens, il protagonista del libro, potesse avere un aspetto differente da anton ego, il fassiniano critico gastronomico di ratatouille.
2 commenti:
credo che un dionisiaco ma semplice rutto possa essere un buon commento a tutto ciò.
dissacrante e perfettamente in tema... mi piaci sempre ragazzo.
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